Archive for the 'Eredità da trasmettere' Category

Breath Xmas

Il primo no, nessuno di noi due se l’è goduto: io traumatizzata dal parto e alle prese con lo scoramento conseguente, con quella sensazione di inadeguatezza che sembra venire alla luce con i nostri cuccioli. Lui ancora immerso nelle ombre, in cerca solo di tepore e latte.

Il secondo è scivolato via senza che quasi ce ne accorgessimo. Io sull’orlo di un esaurimento per la situazione lavorativa, lui troppo impegnato a reggersi sulle proprie gambette e partire alla scoperta del mondo. Dico solo che l’albero in casa nostra è stato fatto da mia madre, che a lucine e decorazioni natalizie difficilmente rinuncia.

Ma quest’anno, al terzo tentativo, finalmente ci siamo riappropriati del Natale e delle sue atmosfere. Abbiamo fatto l’albero insieme (e tra l’altro, è un albero di Natale sempre diverso, visto che il Folletto non perde occasione per spostare le palline da un ramo all’altro), ci perdiamo ad osservare luci e colori per le strade e sulle case (“Guarda, mamma! Guarda che belli qvesti!”), abbiamo scritto a Babbo Natale e preparato il giaciglio per Gesù Bambino nella grotta, respiriamo l’attesa. E così, anche se la situazione lavorativa non è affatto migliorata e lo sclero è dietro l’angolo, grazie a lui che per la prima volta lo gusta appieno, ritrovo la gioia e la magia di un periodo dell’anno che ho sempre adorato.

Ho solo un dubbio: mia suocera vorrebbe organizzare per la cena della Vigilia, l’arrivo di Babbo Natale con i regali. In realtà la cosa non mi esalta particolarmente, perché vorrei che mio figlio vivesse l’incanto della notte di Natale come la vivevo io: l’eccitazione, il bicchiere di latte con i biscotti vicino all’albero, le orecchie tese per sentire i rumori, il tripudio dei regali sotto l’albero, la mattina dopo quando molto di buon ora ci si svegliava. Ecco, da me non è mai esistito che Babbo Natale si presentasse alla porta il 24 sera. E poi, non si rischia che i bimbi riconoscano chi si nasconde sotto barba&cappello, e mangino la foglia un pò troppo presto?… insomma, da un lato vorrei boicottare, dall’altro mi dispiace fare la guastafeste.

In ogni caso, che ci sia o non ci sia Santa Claus a cena  auguro a chiunque passi di qui un Buon Natale. Respiratelo tutto fino in fondo.

Potrei, in un giorno speciale

Potrei, in questo giorno speciale, dirti che è stato amore a prima vista, che appena ho incrociato il tuo sguardo ho dimenticato tutto il dolore e la fatica del parto, perché l’emozione della tua presenza ha spazzato via il resto.                  E invece ti dirò che quando sei nato ero troppo stanca e provata per sentire una qualsiasi emozione, ricordo però molto bene la sensazione di svuotamento fisico nell’attimo esatto in cui sei sgattaiolato fuori, il sollievo per avercela fatta ed aver evitato un taglio sulla pancia.

Potrei dirti ti ho trovato subito bellissimo e che mai suono fu più celestiale del tuo pianto.                                                            E invece ti dirò che non ti ho trovato né bello né brutto, ma solo disorientato almeno quanto me. E non ho fissato nella mente il tuo primo pianto, però ricordo che quei minuti tra la nascita e il nostro primo contatto – ritardato dai lavoretti di ricamo della ginecologa – mi sono sembrati, questo sì, interminabili.

Potrei dirti che quando ti hanno appoggiato tra le mie braccia, ci siamo riconosciuti al volo, io mamma tu bimbo, e che ti sei calmato appena hai sentito il battito del cuore.                                                                                                                             E invece ti dirò che ero tremendamente intimorita, e che avrei voluto aiutarti di più nella tua frustrante ricerca di un capezzolo sfuggente ma non sapevo proprio come muovermi, con la flebo e tutti i fili delle apparecchiature varie ancora attaccati. Ti dirò che il timore si è trasformato in paura, quando anche il tuo papà è dovuto uscire e siamo rimasti da soli.

Potrei dirti che non vedevo l’ora di uscire da quell’asettico ospedale, per poter cominciare la nostra vita di famigliola, finalmente insieme, nella nostra intimità.                                                                                                                                      E invece ti dirò che avevo il terrore di ritrovarmi a casa sola con un pupetto così piccolo, mi sentivo schiacciata dal peso della responsabilità, guardavo la mia vicina di letto così impaziente di essere dimessa e mi chiedevo “Ma come fa?”. Mi guardo indietro adesso, e mi accorgo che sola non sono mai stata, ma tant’è…

Potrei, in questo giorno così speciale, dirti che si è subito creata empatia tra noi, che ti ho sempre capito e ho sempre saputo in cuor mio quale era la cosa giusta da fare con te, perché l’istinto di mamma non sbaglia mai.                               E invece ti dirò che ho sbagliato, più di qualche volta, che i tuoi pianti all’inizio non li sapevo decifrare e scambiavo fame per coliche o viceversa, e, che, soprattutto per la questione allattamento, mi sono a lungo sentita un’incapace. Ti dirò che l’istinto di mamma si è affinato col tempo, perché col tempo abbiamo imparato a conoscerci.

Potrei, in un giorno così speciale, decantare le meraviglie di questo attaccamento viscerale che ci ha unito fin dal primo istante, senza che il taglio del cordone ombelicale potesse minimamente intaccarlo.                                                      E invece ti dirò che ti ho riconosciuto subito come una persona A SE’, come ALTRO da me, e che, probabilmente a causa delle turbolenze iniziali, non ti ho guardato fin dal primo istante con gli occhi a cuoricino, ma anzi nei primi mesi ti guardavo pure con un certo distacco. Ti dirò che, forse per il mio carattere così razionale, poco incline ai colpi di fulmine, il mio è stato un innamoramento lento, ma in costante e inarrestabile crescita. Che il nostro legame extrauterino non ha nulla a che vedere con quanto abbiamo vissuto nei nove mesi di coabitazione, è un legame ex-novo, che si è rinsaldato passo dopo passo e, a sorpresa, si sta rivelando altrettanto viscerale.

Potrei dirti che ho fissato questi pensieri proprio oggi, 1° dicembre 2010, in questo giorno così speciale in cui raggiungi un traguardo importante, tra un festone e una torta su cui campeggia un’unica, solitaria candelina, la prima di una lunga serie. Una festa per te, ma anche per me.                                                                                                                     E invece ti dirò che questi pensieri sono scaturiti domenica, dopo che ti ho portato nel lettone con me per il riposino, e ti sei accoccolato tra le braccia, addormentandoti all’istante. Ti guardavo, moccoloso e un po’ insofferente a causa del primo raffreddore della tua vita, i tuoi ricci scompigliati, una manina che stringeva Orsonanna e l’altra che cercava la sicurezza del contatto. Sono rimasta a guardarti un bel pezzo, avrei continuato tutta la mattina, e non sai quanto mi è spiaciuto cedere al richiamo delle faccende domestiche. Volevo consolarti, proteggerti, guarirti. Ed è stato lì, in quel momento, tornando indietro con la memoria ai primi momenti e a tutti quelli che sono seguiti negli ultimi 365 giorni, è stato in quel momento che tutto l’amore costruitosi pian piano si è espresso in tutta la sua pienezza.

Buon compleanno, amore mio.

Pink future… in our hands

Come si dice quando si guarda con ottimismo al domani che verrà? Che ci aspetta un roseo futuro.
Per far sì che per tutte noi il futuro sia davvero rosa, un piccolo gesto nel presente. Per noi, per i nostri figli, per tutti quelli che ci vogliono bene.

Senza aspettare di avere l’età per gli screening previsti dal SSN. Non vale la pena rischiare che sia troppo tardi. 

 

Il futuro nelle nostre mani

Sapori di una volta

Sabato, il consorte entra in casa dopo il settimanale svuotamento dei cesti per la raccolta differenziata, e mi fa notare che, la maggior parte della plastica è rappresentata da bottiglie di latte che consumiamo tra noi e i suoceri. Quindi, scatta la sua proposta: perché non andare a prendere il latte direttamente dall’allevatore, come si faceva una volta? Detto fatto.

Dopo esserci informati in una stalla qua vicino, e aver scoperto che tutte le sere dopo la mungitura vendono il latte ancora caldo ai privati, ieri sera abbiamo attuato il nostro piano. Il marito è andato a prenderlo, poi lo abbiamo messo in una pentola, l’abbiamo fatto bollire, e lasciato raffreddare. Prima di andare a dormire il marito si è dimenticato di metterlo in frigo, ma poco male, visto che siamo in inverno!

Stamattina, ho scremato la panna che si è formata in superficie e l’ho messa da parte e… voilà! Il latte per la nostra colazione è pronto. Un latte davvero saporito, nutriente (non ho avuto bisogno dello spuntino di metà mattina, oggi!), neanche lontanamente paragonabile a quello che abbiamo comprato fino a ieri. Con la panna tirata via, si può fare il burro (…ci vuole un pò di tempo e pazienza!!),  ma può essere anche utilizzata come gustoso condimento ai piatti (per fare un sugo, ad es.) o per fare il pane (in sostituzione del latte, per chi lo mette).

La preparazione del latte porta via non di 10-15 minuti, e hai la garanzia di un prodotto sano, molto più economico (costa esattamente la metà di quello comprato al super) e a km zero… nel vero senso della parola, visto che la stalla è a meno di 1 km da casa nostra 🙂  E, come se non bastasse, abbattiamo la produzione di rifiuti in plastica della nostra famigliola.

Insomma, tutto un altro latte.

Capolavori

Ogni volta come la prima volta. Se non di più. La grandezza di un’opera d’arte sta proprio in questo, nell’incredibile capacità di suscitare un’emozione, spesso diversa, ogni volta che la incroci con lo sguardo. Quando ti rendi conto che non ti stancheresti mai di contemplarla, ecco, in quel momento sai che hai di fronte a te un capolavoro.

è successo ieri, quando, su mia iniziativa, e visto che eravamo in zona per altri motivi, ho prenotato per me e il marito una visita alla Cappella degli Scrovegni. Ammetto con mia somma vergogna che non ci ero più tornata da quando è stata restaurata. Per cui ho colto al volo l’occasione. Quando varchi la soglia, dopo esserti climatizzata, ti sembra di entrare in un altro mondo. E rimani tutto il tempo a bocca aperta, senza riuscire a staccare gli occhi da quella meraviglia. I colori, i volti, le espressioni, quella volta stellata sopra la tua testa. Essendo un giorno feriale e un orario un pò strano, al nostro turno di visita eravamo in 3, per cui possiamo dire di essercela proprio gustata fino in fondo. Siamo usciti estasiati.

Altrettanto sorprendente è stata la successiva visita alla Pinacoteca degli Eremitani, compresa nel biglietto. La croce di Giotto, i bei dipinti di Tiziano, di Giorgione,  del Bellini e altri pittori più o meno famosi, accompagnati dalla cortesia e dalla preparazione del personale del museo (così orgogliosi, innamorati quasi ma soprattutto ansiosi di far gustare ai visitatori ciò che loro hanno sotto agli occhi quotidianamente) e poi, altro momento di estasi di fronte alla Madonna della Tenerezza del Mantegna. 

madonna_della_tenerezza

La foto rende in parte, ma chi l’ha vista sa che mai titolo fu più azzeccato. E da mamma con il suo piccolo nel marsupio, mi son quasi venute le lacrime agli occhi.  Peccato poi, che il tempo tiranno non ci ha permesso la visita di Palazzo Zuckermann, ma ci siamo ripromessi di tornare al più presto.

Insomma, un pomeriggio dedicato alle opere d’arte, in cui non ci siamo fatti mancare la visita al capolavoro più grande, quello che non ci stancheremo mai di contemplare da qua fino all’ultimo respiro. Un vivacissimo pesciolino in vena di scherzi, che non voleva sapere di stare fermo e farsi prendere bene le misure. Un furfantello che per l’occasione ha pensato bene di presentarsi podalico, che finché c’è spazio meglio sfruttarlo tutto e farsi belle nuotate su e giù (è già sportivo, l’ometto!) prima di rannicchiarsi – speriamo dalla parte giusta! –  in rampa di lancio. Gambette e piedini così perfetti nella loro miniatura. E il profilo, quello, davvero mi ha tolto il fiato: stesse linee e stessa boccuccia del papà, non c’è dubbio. E le manine a pugno vicino alla fronte, riflessivo come la mamma… la matita di Giotto a te ti fa un baffo! Mai come in questa eco mi sei sembrato così cucciolo d’uomo, così reale.

Ecco perché siamo tornati alla macchina soddisfatti e deliziati, in un mercoledì pomeriggio così intensamente denso di capolavori.

Ecco perché stamattina, nonostante mi sia svegliata all’alba per fare la maxicurva e scoprire che non potevo farla perché ci vogliono 3 giorni di preparazione, e dunque sono in ufficio dalle sette e mezza e ho di fronte una lunghissima giornata, nulla, ma proprio nulla, può scalfire il mio sorriso.

Lessico familiare

Arrivare la sera tardi, sfiniti da un super grigliata in giardino, organizzata in meno di un pomeriggio, buttarsi a pesce tra le lenzuola fresche (ancora per poco!…) e accorgersi, che, nonostante la stanchezza, tuo marito non riesce quasi più ad addormentarsi senza aver posato la mano per un pò sulla tua pancia e aver incontrato, nell’unico modo per ora possibile, vostro figlio.

E sentire che il nanetto, fino a quel momento tranquillo, si rianima sferrando calcetti proprio sotto la sua mano, quasi a voler dire “Sì, sono qui papà! Che bello sentire la tua mano anche stasera!”.

Ieri sera il Pater Familias ha preso sonno così. Mano nella mano col suo piccolo.
Si sono cullati a vicenda. 
hand to hand

Se foste…

SE VOI FOSTE PERSONE NORMALI

di MONI OVADIA

Se foste un rom, quella di Salvini non vi apparirebbe come la sortita delirante di un imbecille da ridicolizzare.

Se foste un musulmano, o un africano, o comunque un uomo dalla pelle scura, il pacchetto sicurezza non lo prendereste solo come l’ennesima sortita di un governo populista e conservatore, eccessiva ma tutto sommato veniale.

Se foste un lavoratore che guadagna il pane per sé e per i suoi figli su un’impalcatura, l’annacquamento delle leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro non lo dimentichereste il giorno dopo per occuparvi di altro.

Se foste migrante, il rinvio verso la condanna a morte, la fame o la schiavitù, non provocherebbe solo il sussulto di un’indignazione passeggera.

Se foste ebreo sul serio, un politico xenofobo, razzista e malvagio fino alla ferocia non vi sembrerebbe qualcuno da lusingare solo perché si dichiara amico di Israele.

Se foste un politico che ritiene il proprio impegno un servizio ai cittadini, fareste un’opposizione senza quartiere ad un governo autoritario, xenofobo, razzista, vigliacco e malvagio.

Se foste un uomo di sinistra, di qualsiasi sinistra,non vi balocchereste con questioni di lana caprina od orgogli identitari di natura narcisistica e vi dedichereste anima e corpo a combattere le ingiustizie.

Se foste veri cristiani, rifiutereste di vedere rappresentati i valori della famiglia da notori puttanieri pluridivorziati ingozzati e corrotti dalla peggior ipocrisia.

Se foste italiani decenti, rifiutereste di vedere il vostro bel paese avvitarsi intorno al priapismo mentale impotente di un omino ridicolo, gasato da un ego ipertrofico.

Se foste padri, madri, nonne e nonni che hanno cura per la vita dei loro figli e nipoti, non vendereste il loro futuro in cambio dei trenta denari di promesse virtuali.

Se foste esseri umani degni di questo nome, avreste vergogna di tutto questo schifo.

Ho finito or ora di leggere un post “politico” (ma nel vero senso della parola, che non commenta quello che succede nei palazzi di Roma, ma la politica, quella vera, quella che incontri per strada…) e la sfilza di commenti che lo ha seguito. E mi sono davvero intristita…

Venerdì 26 giugno 2009

Caro arancino/a,

da oggi la tua mamma si impegna a raccontarti un pò cosa succede qua fuori, mentre tu sguazzi felice nel tuo liquido protettivo e ti concentri (anzi, guai a te se ti distrai, eh?) nella crescita. Stanotte, all’improvviso, se ne è andato Michael Jackson.  Nel bene e nel male, è stato un personaggio simbolo degli anni ’80; in quegli anni, la mamma era giovane ma se lo ricorda bene, faceva un sacco di concerti e vendeva vagonate di dischi. Ha inventato un modo di ballare tutto suo. Ha inciso il singolo più venduto nella storia del pop.

Avrai modo anche tu di conoscerlo, vedrai, anche se non c’è più. Sicuramente è destinato a diventare un mito. Per la sua carriera musicale, ma anche per le sue manie… perché di sicuro, era una persona molto strana e un personaggio estremamente controverso. Luci e ombre, un sacco di ombre soprattutto negli ultimi anni. Alla mamma non piaceva granché, sappilo. A suo avviso, le ombre hanno oscurato, e molto, le glorie musicali. Ma stamattina, ascoltando la notizia alla radio, c’è rimasta male. Si è resa conto che un pezzo di storia dei suoi anni se n’era andata.

Quasi in contemporanea, si è chiusa una storia molto romantica, di quelle che quando le leggi pensi più alla sceneggiatura di un film strappalacrime che alla realtà. E invece, è successo davvero. Un’attrice, anche lei simbolo della TV degli stessi anni, si è spenta, divorata da un male incurabile. Dovrai venire a patti con l’idea della morte, caro il mio nanetto/a, perché è legata indissolubilmente alla vita, e un pò alla volta imparerai  ad accettarla. E, – questo sì spero il più tardi possibile -, imparerai a conoscere anche l’assurdità della malattia, e la sua furia cieca che non guarda in faccia a nessuno. Qualche giorno fa, era uscita la notizia che il suo compagno era finalmente riuscito a strapparle la promessa di matrimonio. Sul letto di morte, avrebbero sancito con un sì l’amore di tutta una vita. La malattia, crudele, gli ha negato anche quest’ultima gioia.

Mi rendo conto che forse ti ho un pò rattristato. La vita, a volte, è fatta anche di questo, e io non posso, e non voglio, nasconderti la realtà. Ma è fatta anche di molti altri momenti belli, vedrai,… non appena l’aria entrerà per la prima volta nei tuoi polmoni, entrerai in un vortice di scoperte, piccole e grandi, ti appassionerai, ti indignerai, ti emozionerai e riderai, riderai tanto. Fidati della tua mamma. Conserva sempre una sana curiosità verso ciò che ti circonda. Perché, anche con i suoi nuvoloni, vale sempre la pena di conoscerlo, questo mondo qua fuori. 

Viaggi e miraggi

Una ragazza quasi diciottenne, una valigia, un biglietto aereo e qualche timore. Destinazione: l’altro capo del mondo. Una famiglia sconosciuta, un grosso cane e cinque gatti la stavano aspettando. Probabilmente avevano addosso lo stesso timore.

“Sai, la tutor ha detto di controllare che si faccia la doccia, perché gli italiani non si lavano”

“Ehi, ma questi non ce l’hanno il bidet??? Che sporchi!”

Un incontro fra culture. Che hanno imparato a conoscersi, a convivere, a capirsi, a volersi bene. Una quasi diciottenne che ha capito che bisogna conoscere prima di giudicare, e che il mondo è fatto per essere scoperto.  Ha valorizzato le sue radici, senza calpestare quelle di un altro. Ed è tornata a casa più matura, convinta che il mondo del futuro sarebbe stato sempre più interculturale.

Ora, quasi tredici anni dopo, hanno vinto loro. Quelli che professano la chiusura, che instillano la paura dell’altro, lo spettro del diverso. In tutta Europa, non solo da noi, soffia un vento nazionalista e antieuropeo. Perché sono “radicati nel territorio”. Perché questo è quello che la gente vuole.

E che dire dei veri vincitori in Italia?

Quelli il cui obiettivo in Europa è “No ai turchi”.

Quelli che mettono i manifesti con gli indiani nelle riserve (guardate come sono finiti accettando l’invasore straniero, sicuri di voler rischiare la stessa fine??).

Quelli che sulle fermate dell’autobus scrivono “No te paghi, no te parti e si no te ga capio, te o digo anca in arabo/cinese/etc.” perché i portoghesi sono loro, non i fighettini figli di papà che fanno le vasche in centro, e risparmiano sul biglietto del bus per comprarsi la dose di coca. 

Quelli che vorrebbero farci credere che quando respingono i clandestini ai bordi del nostro Bel Paese, prima si premurano di domandare se qualcuno ha i requisiti per esercitare il diritto di asilo.

Quelli che, invece di preoccuparsi di serie politiche per incentivare lavoro e occupazione, continuano a accentuare le differenze Nord/Sud proponendo stipendi differenziati su base regionale.

Quelli che, dove vivo io, sono il primo partito. Rispecchiano il pensiero della maggioranza, troppo impegnata a curare il proprio orticello o la propria fabbrichetta, troppo impaurita dal fatto che l’ALTRO, terone o peggio ancora straniero, possa portargli via ciò che è suo. Troppo chiusa per intraprendere un qualsiasi percorso di integrazione.

Mi guardo intorno, vedo vecchi ma soprattutto giovani, li sento appoggiare – apertamente o fra le righe – questa mentalità. Scrollo le spalle, sconsolata.

Il mio sogno di interculturalità è ancora lontano.

Programmi passati e futuri

Ieri sera, dopo tanto tempo, finalmente un bel programma in tv, da seguire fino alla fine con la consapevolezza che ne vale la pena, che una volta spento, ti resterà comunque qualcosa. Lo speciale di Che tempo che fa con Roberto Saviano.

L’ho guardato, e mentre ascoltavo le parole di questo ragazzo, mi accarezzavo la pancia. E alla fine ho detto al mio Microbo: ecco, questi sono gli insegnamenti che voglio trasmetterti. Voglio che quando sarai grande, tu abbia la possibilità di conoscere la storia di Roberto, di don Peppino Diana, di Peppino Impastato, e di tanti altri, attraverso tutti i mezzi che ci sono a disposizione: libri, cinema (i Cento Passi è un film che riesce a commuovermi ogni volta…), la loro diretta testimonianza. Voglio che il loro coraggio, diventi anche il tuo coraggio. E voglio che mai e poi mai tu possa pensare che sono storie che non ti riguardano, tu figlio del produttivo Nord-Est. No, dovrai sempre tener presente che ti riguardano eccome, perché sei Italiano, e se gente così è vittima della criminalità, la colpa è di tutti, E dobbiamo vergognarcene tutti.

Fazio ha chiuso la puntata con una frase bellissima: “Il più grande gesto d’amore verso qualcuno o qualcosa, è non nascondergli la verità”. é questo che mi impegno a fare con Te. Trasmetterti la verità. Anche quando fa paura. Anche quando è dolorosa. Perché la verità rende liberi. 


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