Archive for the 'genitori e figli' Category

Musica maestro!

Va bene che si tratta di una scelta di tutto rispetto.

Va bene che per i bimbi la routine è fon-da-men-ta-le e da tanta sicurezza.

Va bene che in sincrono con ogni canzone parte uno sculettamento suo e di tutti i suoi compagni di giochi (siano essi orsetti, mollette, o fiorellini) che fa schiantare dal ridere.

Va bene che ogni tanto si diverte a creare con l’ausilio della sua fidata pianolina insoliti remix e variazioni sul tema.

Va bene che dal “Valzer del Moscerino” di qualche settimana fa sono stati fatti enormi e inconfutabili progressi.

Però anche “L.A. Woman” dei Doors dopo 700 ascolti in loop potrebbe venire a noia.

Mi sa che è ora di introdurre il concetto di “Il mondo è bello perché vario”.

Segugio

“Mamma, guardaaa… guarda Barbottina che bellaaa!” disse il Folletto sventolandomi sotto il naso il Barbapapà ripieno di cioccolatini che sarebbe dovuto finire nella calza della Befana, e che invece il piccolo demonietto ha prontamente scovato dentro un armadio….
Dopo aver realizzato che non sto allevando un figlio ma un cane da tartufo e aver ascoltato i vecchi della contrada fare pronostici guardando il panevin bruciare, con in mano pinza e vin brulé per scaldarsi, vi auguro una Buona Befana.
Che la nostra ha dovuto ingegnarsi non poco per non lasciare vuota la calzetta appesa in salotto.

Breath Xmas

Il primo no, nessuno di noi due se l’è goduto: io traumatizzata dal parto e alle prese con lo scoramento conseguente, con quella sensazione di inadeguatezza che sembra venire alla luce con i nostri cuccioli. Lui ancora immerso nelle ombre, in cerca solo di tepore e latte.

Il secondo è scivolato via senza che quasi ce ne accorgessimo. Io sull’orlo di un esaurimento per la situazione lavorativa, lui troppo impegnato a reggersi sulle proprie gambette e partire alla scoperta del mondo. Dico solo che l’albero in casa nostra è stato fatto da mia madre, che a lucine e decorazioni natalizie difficilmente rinuncia.

Ma quest’anno, al terzo tentativo, finalmente ci siamo riappropriati del Natale e delle sue atmosfere. Abbiamo fatto l’albero insieme (e tra l’altro, è un albero di Natale sempre diverso, visto che il Folletto non perde occasione per spostare le palline da un ramo all’altro), ci perdiamo ad osservare luci e colori per le strade e sulle case (“Guarda, mamma! Guarda che belli qvesti!”), abbiamo scritto a Babbo Natale e preparato il giaciglio per Gesù Bambino nella grotta, respiriamo l’attesa. E così, anche se la situazione lavorativa non è affatto migliorata e lo sclero è dietro l’angolo, grazie a lui che per la prima volta lo gusta appieno, ritrovo la gioia e la magia di un periodo dell’anno che ho sempre adorato.

Ho solo un dubbio: mia suocera vorrebbe organizzare per la cena della Vigilia, l’arrivo di Babbo Natale con i regali. In realtà la cosa non mi esalta particolarmente, perché vorrei che mio figlio vivesse l’incanto della notte di Natale come la vivevo io: l’eccitazione, il bicchiere di latte con i biscotti vicino all’albero, le orecchie tese per sentire i rumori, il tripudio dei regali sotto l’albero, la mattina dopo quando molto di buon ora ci si svegliava. Ecco, da me non è mai esistito che Babbo Natale si presentasse alla porta il 24 sera. E poi, non si rischia che i bimbi riconoscano chi si nasconde sotto barba&cappello, e mangino la foglia un pò troppo presto?… insomma, da un lato vorrei boicottare, dall’altro mi dispiace fare la guastafeste.

In ogni caso, che ci sia o non ci sia Santa Claus a cena  auguro a chiunque passi di qui un Buon Natale. Respiratelo tutto fino in fondo.

Bandiera bianca

Doveva succedere. Abbiamo resistito con orgoglio e un pizzico di incredulità a un lungo assedio, durato 2 anni e 15 giorni, il che è un grandissimo risultato. C’è chi si arrende subito, pure in via preventiva, perché “tanto prima o poi, tutti…” . Noi no. Ci siamo quasi illusi di poter essere l’eccezione che conferma la regola, moderni Spartacus contro la dittatura del nebulizzatore. Ma ieri abbiamo capitolato, anche noi.

Ieri è entrato nella nostra casa il primo apparecchio dell’aerosol, a causa di una bruttissima tosse del Folletto che bisogna provare a calmare. Seguito, come è immaginabile, dalle prime urla di sdegno del rampollo all’appropinquarsi dell’odiosa mascherina. E così sia.

Speriamo di non diventarne schiavi. Intanto any suggestion su come evitare o quantomeno smorzare le tragedie greche dell’erede?

Sembra ieri… era ieri!

Stralci di conversazioni follettesche.

1. Bagno, alle prese con la sempre più complessa operazione di cambio pannolino. Siamo al momento topico in cui il regal culetto viene messo sotto acqua.

” MAMMAA! è calda! TROPPO calda!”

no, fermi un attimo… fino a non molti mesi fa ACCA era parola universale dai molteplici e reconditi significati e adesso relativizziamo aggettivi come niente fosse?? Dov’è che mi sono persa?

2. Cucina, la mattina dopo suo compleanno.

“Mamma, no voj latte”  “Ah sì? E cosa ti dà la mamma?” “Voj fae colazione… dei glandi… co caffè!” Eh certo… il caffé ai 2 e per il 3° compleanno… facciamo spritz? Inutile dire che il suo è rimasto un pio desiderio, ma che impressione…

3. Sera, siamo ai riti della buonanotte. Dopo latte, cambio, pigiama e lavaggio dentini il nostro Folletto sale in camera con la mamma e si getta sul lettone. Subito però scende, si avvicina al comodino, prende la mia rivista e me la passa, poi prende il suo libretto ed esclama:

“Mamma! Anch’io LEGGIO!”

Ma allora, è proprio vero che ti distrai un attimo e sono già grandi!

4. Soggiorno, momento di gioco selvaggio, si sente un colpo e parte il piantino… vado da lui, mi guarda con occhi lacrimosi…

“Mamma! Fatto bua qvi… Mi dai un bacino?”

Fiuuuu… sospiro di sollievo. Posso godermelo ancora un po’.

Potrei, in un giorno speciale

Potrei, in questo giorno speciale, dirti che è stato amore a prima vista, che appena ho incrociato il tuo sguardo ho dimenticato tutto il dolore e la fatica del parto, perché l’emozione della tua presenza ha spazzato via il resto.                  E invece ti dirò che quando sei nato ero troppo stanca e provata per sentire una qualsiasi emozione, ricordo però molto bene la sensazione di svuotamento fisico nell’attimo esatto in cui sei sgattaiolato fuori, il sollievo per avercela fatta ed aver evitato un taglio sulla pancia.

Potrei dirti ti ho trovato subito bellissimo e che mai suono fu più celestiale del tuo pianto.                                                            E invece ti dirò che non ti ho trovato né bello né brutto, ma solo disorientato almeno quanto me. E non ho fissato nella mente il tuo primo pianto, però ricordo che quei minuti tra la nascita e il nostro primo contatto – ritardato dai lavoretti di ricamo della ginecologa – mi sono sembrati, questo sì, interminabili.

Potrei dirti che quando ti hanno appoggiato tra le mie braccia, ci siamo riconosciuti al volo, io mamma tu bimbo, e che ti sei calmato appena hai sentito il battito del cuore.                                                                                                                             E invece ti dirò che ero tremendamente intimorita, e che avrei voluto aiutarti di più nella tua frustrante ricerca di un capezzolo sfuggente ma non sapevo proprio come muovermi, con la flebo e tutti i fili delle apparecchiature varie ancora attaccati. Ti dirò che il timore si è trasformato in paura, quando anche il tuo papà è dovuto uscire e siamo rimasti da soli.

Potrei dirti che non vedevo l’ora di uscire da quell’asettico ospedale, per poter cominciare la nostra vita di famigliola, finalmente insieme, nella nostra intimità.                                                                                                                                      E invece ti dirò che avevo il terrore di ritrovarmi a casa sola con un pupetto così piccolo, mi sentivo schiacciata dal peso della responsabilità, guardavo la mia vicina di letto così impaziente di essere dimessa e mi chiedevo “Ma come fa?”. Mi guardo indietro adesso, e mi accorgo che sola non sono mai stata, ma tant’è…

Potrei, in questo giorno così speciale, dirti che si è subito creata empatia tra noi, che ti ho sempre capito e ho sempre saputo in cuor mio quale era la cosa giusta da fare con te, perché l’istinto di mamma non sbaglia mai.                               E invece ti dirò che ho sbagliato, più di qualche volta, che i tuoi pianti all’inizio non li sapevo decifrare e scambiavo fame per coliche o viceversa, e, che, soprattutto per la questione allattamento, mi sono a lungo sentita un’incapace. Ti dirò che l’istinto di mamma si è affinato col tempo, perché col tempo abbiamo imparato a conoscerci.

Potrei, in un giorno così speciale, decantare le meraviglie di questo attaccamento viscerale che ci ha unito fin dal primo istante, senza che il taglio del cordone ombelicale potesse minimamente intaccarlo.                                                      E invece ti dirò che ti ho riconosciuto subito come una persona A SE’, come ALTRO da me, e che, probabilmente a causa delle turbolenze iniziali, non ti ho guardato fin dal primo istante con gli occhi a cuoricino, ma anzi nei primi mesi ti guardavo pure con un certo distacco. Ti dirò che, forse per il mio carattere così razionale, poco incline ai colpi di fulmine, il mio è stato un innamoramento lento, ma in costante e inarrestabile crescita. Che il nostro legame extrauterino non ha nulla a che vedere con quanto abbiamo vissuto nei nove mesi di coabitazione, è un legame ex-novo, che si è rinsaldato passo dopo passo e, a sorpresa, si sta rivelando altrettanto viscerale.

Potrei dirti che ho fissato questi pensieri proprio oggi, 1° dicembre 2010, in questo giorno così speciale in cui raggiungi un traguardo importante, tra un festone e una torta su cui campeggia un’unica, solitaria candelina, la prima di una lunga serie. Una festa per te, ma anche per me.                                                                                                                     E invece ti dirò che questi pensieri sono scaturiti domenica, dopo che ti ho portato nel lettone con me per il riposino, e ti sei accoccolato tra le braccia, addormentandoti all’istante. Ti guardavo, moccoloso e un po’ insofferente a causa del primo raffreddore della tua vita, i tuoi ricci scompigliati, una manina che stringeva Orsonanna e l’altra che cercava la sicurezza del contatto. Sono rimasta a guardarti un bel pezzo, avrei continuato tutta la mattina, e non sai quanto mi è spiaciuto cedere al richiamo delle faccende domestiche. Volevo consolarti, proteggerti, guarirti. Ed è stato lì, in quel momento, tornando indietro con la memoria ai primi momenti e a tutti quelli che sono seguiti negli ultimi 365 giorni, è stato in quel momento che tutto l’amore costruitosi pian piano si è espresso in tutta la sua pienezza.

Buon compleanno, amore mio.

8 novembre 2010

Una giornata lunga lunghissima sul lavoro, timbri e sai già che quando uscirai sarai di nuovo avvolta nelle tenebre e ti sembrerà di non aver vissuto. Nuvoloni neri che si susseguono, ombrelli che si aprono e chiudono ritmicamente. La preoccupazione che i livelli di guardia dei fiumi circostanti raggiungano i picchi della settimana scorsa. E POI… un tramonto spettacolare con tutte le gradazioni del cielo, gustato – ahimé –  dalla finestra dell’ufficio ti riconcilia con il mondo.

Un risotto con gli ossobuchi un po’ fantasioso cucinato dal marito. Polemiche tra moglie e marito sulla preparazione della suddetta ricetta (la gremolada non si sente/sì, si sente, il risotto meglio a parte o cucinato insieme alla salsina, sì, ma se lo cucini con la salsina niente zafferano che mi copre tutto, etc.). Occhi stanchi, per tutti.  Una poltrona e ancora nuove discussioni, questa volta si parla di lavoro e dell’abisso tra pubblico e privato. Sì, c’è nervosismo.
E POI… il tuo bimbo, per la prima volta, si stacca dal divano e, senza pensarci troppo, fa i suoi primi favolosi passetti verso di te. E ti riconcilia con tutto, per molto molto tempo.

Tu piccoletto, sei così. Mi sorprendi con le tue conquiste, sempre. Trasformi una giornata qualunque, e anche un pochino storta, in un momento di festa. Senza preavviso, cancelli di colpo stanchezza e nervoso, e scolpisci nel cuore momenti indelebili, che il mio cuore di mamma serberà sempre. Ti ringrazio per aver aspettato proprio questo giorno, 8 novembre 2010, proprio quell’attimo, e, soprattutto, proprio ME e il tuo PAPÁ,  per lanciarti alla scoperta della vita.
Ora si apre una nuova fase, per tutti. Da adesso in avanti, i tuoi passi saranno sempre meno incerti e scoprirai man mano la gioia di correre ed esplorare da solo la realtà (anche se per il momento, dopo un paio di bis ieri sera, ora non vuoi più staccarti…chissà forse hai cominciato a pensare troppo a cosa stavi facendo!). La tua mamma dovrà avere mille occhi, rimboccarsi le maniche e rincorrerti un po’. Ti dovrà lasciare andare, quando la tua voglia di conoscere il mondo e la sua sostanza avrà la meglio sulle coccole in braccio. Dovrà imparare a lasciarti cadere, perché in fondo serve anche quello.  Ma sappi che, come ieri sera, quando vorrai le sue braccia saranno sempre pronte ad accoglierti.

Aprimi, o Signore, il sentiero della vita
e guidami sulle strade dei tuoi desideri;
insegnami i paesi della tua dimora
e fa risplendere ai miei occhi la meta delle mie fatiche.
[…] Concedimi di capire gli uomini
che incontro sul mio cammino
e il dolore che nascondono,
quelli che dividono con me la fatica della strada,
l’amore dell’avventura,
la soddisfazione della scoperta.
[…]Fammi sentire la voce della strada:
quella che mi invita sulle vie del mondo
a conoscere sempre più i segni del tuo amore,
quella che batte il cammino dei cuori,
che conosce il sentiero delle altezze
dove tu abiti nello splendore della verità.

Tempi migliori cercasi

Sto fissando il pc con gli occhi ancora stropicciati dal sonno, e l’indice dell’umore ai minimi storici. La giornata di pioggia battente non aiuta, il fatto di essermi alzata col buio pesto e la sensazione di non essere mai andata a letto, nemmeno.
È di nuovo lunedì, si ricomincia con imprecazioni bisbigliate che fanno da contrappunto ai BIP della sveglia, con le baby pappe programmate al dettaglio (… non ne posso più!!!! Ma quando mette altri due-denti-due in modo da poter cominciare ad assimilare la sua dieta alla nostra???), con la scorta di passato di verdure frullata alle dieci di sera, con le corse che mi fanno assomigliare alla biglia impazzita in un flipper.
Si ricomincia con lo sguardo interrogativo e leggermente inquisitorio del Folletto, mentre lo scarico tra le braccia della nonna dopo 2 intere giornate passate con me e che, già lo so, si tramuterà in una punitiva indifferenza al mio ritorno. Si ricomincia con la pessima, orribile impressione di non riuscire a dedicargli abbastanza tempo, e al momento il refrain del “tempo di qualità” non mi convince. Si ricomincia con la brutta sensazione di perdere il contatto con lui, di non essere io a dargli i primi fondamentali insegnamenti. PERCHÉ NON CI SONO,e quando ci SONO devo barcamenarmi tra lo stare con lui e occuparmi di altre enne cose, per poter essere anche una brava moglie/dama del focolare, oltre che una brava mamma. I sensi di colpa sono come la sfiga, ci vedono benissimo, e per quanto tenti di inserire la modalità guerriera e schivarli al grido di “non mi avrete mai!”, loro ti fregano sempre e comunque.
Il consorte aiuta, per quello, certo non si ammazza durante la settimana però se c’è da preparare la cena mentre io do la pappa al piccoletto (o viceversa) non si tira indietro. È più partecipe nel weekend, soprattutto quando, forse in concomitanza con la luna piena, si trasforma nella colf assassina e non si placa fino a quando l’angolo che ha deciso di pulire (perché tendenzialmente la furia si concentra su un punto preciso, che so, l’angolo cucina o il bagno) non è tirato a lucido.
Solo, non riesce a capire davvero la mia necessità di passare più tempo col bimbo. Non capisce il motivo della mia reticenza a lasciarlo ancora alle cure dei nonni se noi siamo a casa, né il mio sorriso di circostanza quando mi sento dire dalla suocera “Eh, il nonno si chiede come mai il suo nipotino sparisce il sabato e la domenica… ma io gli dico che ci sono anche gli altri nonni e i suoi genitori” (ECCO BRAVA! E se è necessario, glielo ribadisco io…). Non concepisce che possa essere gelosa, d’altronde sono i suoi genitori, d’altronde lui è venuto su con sua nonna pertanto crede che questa sia la normalità. Dovrei essere più diretta e dirgli che per me, cresciuta con mia madre e con l’unica nonna a più di 500 km di distanza, è dura vedere mio figlio non buttarmi le braccia al collo, anzi piangere e disperarsi perché lo porto via. È fatica  ricacciare indietro le lacrime e abbozzare sorrisi tirati, tanto più se sua nonna, che in certi frangenti non è di certo una campionessa di sensibilità, non perde occasione per pigolare “No, aspetta che non mi faccio vedere dal piccolo, che sennò poi piange” (tranne poi piazzarsi fuori dalla finestra a fare ciao ciao con la manina). E no, non è normale.
Ho scelto io di rientrare a lavoro relativamente presto, l’ho fatto in maniera consapevole, per una maggiore tranquillità di tutti. Sono rientrata anche perché avevo la disponibilità dei nonni, che – devo riconoscerlo altrimenti li dipingo come mostri! 🙂 – sono bravi e attenti, e questo mi fa passare la giornata lavorativa serena, sapendolo sereno nel suo ambiente. Ho anche valutato il fatto che più tempo lasciavo passare, più il distacco rischiava di essere traumatico per il Folletto. E, finora, non mi sono pentita. Ma ora io, che ho sempre guardato con sospetto i figli mammoni, e ho cercato di coltivare fin da subito l’autonomia della prole, guardo con un po’ di invidia le mamme con i figli aggrappati come koala.
Sapevo che la crisi sarebbe arrivata, ora speriamo passi presto. Probabilmente, basta solo aspettare che diventi un po’ più grandicello, e che certe incombenze spariscano (leggasi menù differenziati in famiglia), perché tutto si ridimensioni. Intanto, l’importante è che non dubiti mai, che lui è il mio amore grande, il mio orgoglio, la mia vita. E questo, son sicura, lo legge tutti i giorni nei miei occhi e nei miei sorrisi. In attesa di tempi migliori.

A te

Quando ti guardo dopo un giorno pieno di parole,
senza che tu mi dica niente, tutto si fa chiaro
[…] A te che sei il mio grande amore e il mio amore grande,
a te che hai preso la mia vita, e ne hai fatto molto di più
a te che hai dato un senso al tempo senza misurarlo
a te che sei il mio amore grande, ed il mio grande amore…
A te che sei, semplicemente sei
sostanza dei giorni miei
sostanza dei giorni miei…

Non amo molto le canzoni di Jovanotti, ma oggi voglio rubare qualche suo verso da dedicare al mio Folletto, che diventa ogni giorno più grande, con i suoi sorrisi, i suoi gattoni, i suoi tre denti, e i suoi quasi 78 cm… ma poi, quando si addormenta la sera, e me lo stringo un po’ a me prima di rimboccargli le coperte, mentre guardo il suo visetto affondato sul mio petto e i suoi pugnetti chiusi, rivedo lo stesso cucciolo che, ormai 10 mesi fa, ho accolto per la prima volta tra le mie braccia.

C’è sempre una prima volta

Succede che torni a casa, dopo una prima giornata di lavoro scivolata via leggera, e tutto sembra come al solito: due occhioni grandi che ti sorridono, baci a profusione, bagnetto, coccole e giochi.

Succede che si fa l’ora di cena e, come da copione, prepari la pappa serale: passato di verdure, semolino e formaggino.

Succede che, un pò sovrappensiero, con la mente già alle cose da preparare per l’imminente breve trasferta al mare, dai un pò di formaggino al bimbo direttamente dal cucchiaino.

Succede che non è il solito cucchiaino suo, ma uno di quelli da grandi.

Succede che ti accorgi che il cucchiaino, in bocca, sbatte contro qualcosa di duro.

Succede che è così che vedi il primo dentino di tuo figlio, che fa capolino tra le gengive.

Ed è così che una stupida sera d’agosto, destinata ad essere archiviata come una delle tante, si trasforma in un momento di festa.

So che è solo l’inizio, che tanti altri dentini spunteranno, che è solo la prima volta. Ma l’emozione è stata, ed è ancora, davvero forte.

Succede che questi pensieri telegrafici, io li stia scrivendo, per la prima volta dal mio nuovo, stilosissimo MacBook.  🙂


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